“DAL SAN CARLO ME NE VADO APPENA POSSO”
“IL PREPENSIONAMENTO E’ LA STRADA PER ANDARSENE PRIMA”
Che la sanità lucana è in crisi è noto; che il San Carlo, testa di ponte, lo stia diventando sempre più evidentemente è altrettanto chiaro a gran parte dei lucani. Fra i segnali più preoccupanti c’è il pensionamento anticipato di molti professionisti. Soprattutto quelli che hanno rappresentato per decenni l’asse portante del nosocomio regionale. Fra le motivazioni della scelta più che la volontà c’è la “stanchezza” non quella fisica. Come se si trovassero in un vortice dal quale, grazie a “quota cento” hanno voluto uscirne. E probabilmente alcuni andranno a prestare la loro opera nelle strutture private. Lo dicono riservatamente: “la situazione è diventata insopportabile e insostenibile” Raccontano di essersi sentiti vittime di un modo di gestire la struttura che non è nelle
corde e nelle esigenze di chi lavora a diretto contatto coi pazienti. Alcuni già pensionati, qualcuno in procinto, raccontano di una situazione organizzativa sempre meno efficiente. Qualche esempio fra i tanti: l’applicazione della norma per la gestione della sicurezza nei reparti. Il responsabile è l’ingegnere clinico Galli; molto vicino al direttore generale Barresi. Ha tanti altri incarichi. Pochi giorni fa è stato nominato a chiamata diretta anche quale responsabile del centro elaborazione dati informatici, con un contratto quinquennale. Ha demandato ai direttori dei reparti e ai responsabili degli ambulatori, l’onere aggiuntivo della sicurezza tecnica. Ovviamente i medici sono stati colti di sorpresa; non essendo la loro mission. Si sono visti come l’anello debole sul quale scaricare le responsabilità. Hanno ricevuto le prescrizioni senza che gli fosse stato fatto neppure un corso. Alcuni medici lamentano gli spostamenti forzati dei reparti e la ridefinizione degli spazi, in qualche caso dimostratisi inadeguati alle esigenze assistenziali, senza che gli operatori fossero resi partecipi. E poi c’è l’anima amministrativa della sanità: il bilancio. Quello del San
Carlo, in perdita, la dice lunga sulla diminuzione della “produzione” A cominciare da quella chirurgica, la più sostanziosa, e quella delle visite in intramoenia. La sospensione delle visite di fatto non ha risolto il problema. Per alcuni lo ha aggravato. Ha però causato la diminuzione delle entrate: infatti il 40 per cento dei ticket è ad appannaggio delle aziende sanitarie. Ed è evidente che la soluzione dovrebbe essere individuata in altre pratiche. La carenza delle sedute operatorie, soprattutto in conseguenza della scarsa dotazione di anestesisti, perché in parte trasferiti negli altri presidi dell’azienda nella provincia, hanno determinato l’allungamento, in qualche settore addirittura la chiusura, delle liste d’attesa e quindi il calo dei rimborsi per le prestazioni. Su questo tema molti tirano in ballo la politica. “Chi governa ha avuto un grande consenso soprattutto nelle province e da qui l’uso delle forze mediche per accontentare i territori” è la voce ricorrente. Le conseguenze inevitabili sono tre: è stata ridotta l’attività chirurgica al San Carlo; non si è risolto i problemi degli ospedali di provincia; ed è aumentata la migrazione sanitaria, e quindi i costi, anche per le patologie comuni. Le critiche a bocca storta nei confronti del direttore Barresi e dei responsabili politici non mancano. Provengono anche da diversi ambienti sanitari, compresi quelli del San Carlo; Soprattutto in modo nascosto. Perché pare che i preavvisi e e l’uso della punizione attraverso gli strumenti collegiali, sia praticato in numero molto maggiore rispetto al passato. Intanto la politica continua a tergiversare sul trovare le soluzioni che diano una svolta inevitabilmente urgente!