UN’INFERMIERA: “QUANTA DIFFERENZA FRA NORD E SUD”

[slideshow_deploy id=’829′]Anna (nome di fantasia) vive ormai 25 anni nel Piemonte e lavora come infermiera. La scuola l’ha fatta fra Potenza e altri centri della regione. Dopo circa 4 anni di lavoro in diversi ospedali lucani si è trasferita nelle Langhe. La sua famiglia di origine vive ancora in un paesino del Pollino. Ovviamente gli anziani genitori sono fruitori costanti della sanità lucana. E lei che lavora in un centro specializzato del Piemonte, trae le sue considerazioni alla luce delle esperienze della sua famiglia. Purtroppo, secondo la sua analisi, il saldo è nettamente negativo a sfavore della sanità lucana. E racconta delle vicissitudini vissute dai genitori negli ospedali regionali, in particolare al San Carlo. “La salute è un diritto e per quello che ho potuto vedere in Basilicata c’è scarsa umanità rispetto agli ospedali nei quali ho lavorato e lavoro al nord, in particolare nel rapporto coi pazienti e i parenti, dice Anna” Questa sua considerazione è dovuta in particolare a un ricovero dalle mille vicissitudini che ha affrontato il padre. “A partire dal primo ricovero al San Carlo, dove in modo frettoloso – dice Anna – è stato operato per un piede diabetico subendo l’amputazione di un dito. Dopo tre giorni, nonostante la gancrena attiva e i dolori lancinanti – continua Anna – mio padre è stato dimesso” Un intervento non risolutivo e al quanto inutile nella sostanza. “Infatti – sostiene Anna – dopo due mesi di vicissitudini con l’assistenza domiciliare, che non ha compreso che la gangrena stava progredendo a vista d’occhio, è stato necessario un ulteriore ricovero che ha portato all’amputazione del piede” In tutto questo l’esamina di Anna entra in una serie di particolari che ha visto coi suoi occhi e che non avrebbe voluto vedere. Infatti ha deciso di seguire direttamente lei il percorso clinico del padre. Organizzatasi coi turni nel suo reparto dell’ospedale Piemontese si è trasferita al paesino lucano per seguire il padre durante il secondo ricovero al San Carlo. Fra le cose che l’hanno colpita di più è stato l’approccio dei medici del reparto: “mi hanno parlato della condizione di mio padre nel corridoio” E poi “Nonostante io sottolineassi che la situazione non mi pareva sotto controllo, il medico frettolosamente sosteneva il contrario” In quel momento ho compreso che il modus al quale siamo abituati nella stragrande maggioranza degli ospedali piemontesi e del nord è ben lontano da quello negli ospedali lucani. Di conseguenza – prosegue Anna – ho dovuto adeguarmi al sistema del luogo” Mi sono recata dal direttore generale a sottolineare che quel modo mi è parso poco professionale e per sollecitare di fare quanto possibile per far seguire mio padre, che per quanto mi riguarda non era adeguatamente considerato” “Dopo di che – dice Anna – l’atteggiamento nel reparto è radicalmente cambiato. Dopo la ramanzina di rito riservatami dal primario che evidentemente si è sentito leso, hanno finalmente iniziato a prendere da un altro punto di vista la situazione. Infatti, dopo 20 giorni di intenso ricovero ne è uscito salvo come era dovuto” Anna è convinta che le sue rimostranze hanno sollevato la polvere da sotto il tappeto e ha per questo ottenuto il risultato sperato. E si pone il problema di tutte quelle famiglie che non conoscono l’ambiente e non hanno le capacità necessarie per far valere i propri diritti. Ovvio che avendo ancora le radici, oltre la famiglia, in Basilicata, Anna, ovviamente non solo lei, si dispiace delle enormi differenze che ha trovato nei servizi sanitari fra quelli piemontesi, ma del nord in generale, e quelli lucani.